Rodolfo Vettorello

Nato a Castelbaldo (PD) l’11-09-1937 vive a Milano dal 1960. Laureato in architettura al Politecnico di Milano con Gio Ponti ed Ernesto N. Rogers nel 1962, ha operato nel settore pubblico e poi nella libera professione. La silloge Siamo come sassi (Reggio Calabria, Leonida Edizioni, febbraio 2010) è risultata vincitrice della sezione silloge inedita della I edizione del Premio Internazionale “Città di Martinsicuro”.

PRIMI PREMI CONSEGUITI NEL 2009
Premio “Pensieri e Parole d’Oltrepò 2009” sez. Poesia
Premio “Città di Sant’Anastasia 2009” sez. Poesia in Lingua
Premio “Il Litorale 2009” di Massa sez. Narrativa Edita
Premio “Vigonza 2009” Vigonza (Padova) sez. Poesia
Premio IPLAC di Mestre 2009 sez. Silloge Edita
Premio “Groane 98” sez. Poesia
Premio “Paesepoesia 2009” di Belvedere Ost.(Ancona) Poesia
Premio “Il valore della vita” Castello Tesino 2009 Poesia
Premio Città di Bobbio (Piacenza) 2009 Poesia
Premio Circolo Pickwick di Besana Brianza 2009 sez. Poesia
Premio Città di Martinsicuro (Teramo) 2009 sez. Silloge
Premio San Teodoro D’ Amasea Patti (Messina) 2009 Silloge
Premio A.V. Reali Sogliano al Rubicone (Forlì) 2009 Poesia
Premio G. Filastò 2009 S. Stefano in Aspromonte sez. Poesia


 

Dalla silloge

Siamo come sassi

I° classificato alla I edizione Premio Letterario Internazionale

“Città di Martinsicuro”

Pagine: 88
Mese/Anno: febbraio 2010
ISBN: 978-88-95880-46-4
Dimensioni: 12 x 20 cm
Prezzo: 9,80 €
Genere: raccolta di poesie
Collana: Poesia

Casa editrice Leonida

 

Clizia

 

Io lo so che mi perdo
anche dentro lo specchio ristretto
di una polla sorgiva,
dove l'acqua increspata riflette
nubi a correre in cielo.
E lo so che mi annego
anche dentro il tuo sguardo di donna,
al frusciar di una gonna,
all'idea che per capo mi frulla,
a una dolce illusione da nulla.
Io lo so che mi perdo per gioco
anche dentro la trama conclusa
d'uno stralcio di sogno,
di una dolce promessa delusa.
Libreria Mezzaterra, in vetrina
mi sorride
il Montale di Lettere a Clizia,
copertina
che ripaga di rosa l'attesa
di te che ti specchi
e riflessa
mi regali uno sguardo improvviso
e un sorriso.
A ogni agosto,
quando il sole arroventa i selciati,
io risalgo quell'erta
che porta
alla Piazza Maggiore su in alto,
che indovino
dai voli impazziti di rondini
e ricerco il tuo sguardo
raddoppiato nei vetri
e mi sembri tornata
mia Clizia,
vaghissimo sogno incosciente
che porti negli occhi il prodigio
di un lampo d'azzurro
e nel riso
un'ipotesi vaga d'amore,
una dolce promessa di niente.


“A Mina, mia moglie che regge il peso della mia evanescenza”


La strada sterrata

 

Drammatico il cielo di marzo
se piove.
Il vento furioso
che spinge le nuvole in cielo
ne forma dei cumuli strani
giù in fondo.
Dei mucchi che paiono colli,
montagne o castelli,
talvolta dirupi scoscesi,
talaltra creature perverse,
dei mostri.
Ma é solo paura di un bimbo
che guarda affacciato
da dietro a una trina scostata.
La mamma che arriva,
se arriva, compare
da dietro quei tigli
all'ultima curva,
là dove la strada sterrata
si stacca
dal nastro d'asfalto e traversa
la linea ferrata.
La mamma che arriva,
se arriva,
avrà nel cestino un regalo.
La sua bicicletta non torna mai vuota.
Ma quello che conta
é che torni la mamma...
se torna.
Lei sola sa accendere il fuoco,
curare la fiamma
e aggiungere legna se occorre.
Lei sola sa dove si tiene
il petrolio del lume.
E' lei che sa dire preghiere
e bruciare
il ramo d'ulivo
al primo rimbombo di tuono.
E sa medicare ferite,
scacciare paure
e fare la cena al suo arrivo,
se arriva.
Si passa la vita a guardare
da dietro a una tenda scostata
qualcuno che faccia del mondo
la scena di un dramma
risolto.
Si aspetta da sempre
che torni una mamma.
Che dietro la curva riappaia
chi possa sventare
timori ed inganni
La trina sui vetri nasconde,
pietosa,
il nostro tormento finale.
Nessuno che arrivi
da dietro la curva
d'un'altra diversa od uguale,
tristissima,
strada sterrata.


“Ai miei genitori, Sesto e Maria, la mia zolla”


Eutanasia

 

Non amo il mare
che mi viene incontro
dopo il buio di un tunnel d'autostrada.
Amo te, annunciata da canneti,
da rigagnoli stretti, da canali,
laguna salsa e quieta,
specchio di cielo,
mite promessa d'acque.
Galleggiano
sul bagnasciuga le salicornie
e il chiaro fiore di barena
s'accende di capolini azzurri.
Dietro una curva d'argine
il primo scanno,
poi lontano,
tranquillissimamente disteso
l'Adriatico.
Ogni volta ritorno, mare d'anima,
come si torna a casa.
Sulla rena ritrovo
contorte plastiche e conchiglie bianche,
vetrini consumati come smeraldi opachi
e ciottoli di cotto: levigati.
Amo la morte di tutte le tue cose,
calcinate dal sole e dal salmastro
ed amo
la tua morte, mare.
Dolcemente vorrei che questa mia
desolata stanchezza
si dissanguasse in te,
nel breve spazio
tra sabbia ed acqua,
dove tra sussulti,
la medusa agonizza e si consuma.


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