Vittorio Verducci

È nato e risiede a Notaresco (TE). È stato insegnante di lettere nella scuola media ed è abilitato all'insegnamento di italiano e latino nei licei. Autore di racconti e poesie in lingua e in vernacolo, ha partecipato a numerosi concorsi letterari, nazionali ed internazionali, ottenendo molteplici menzioni e primi premi. Tra i più significativi si segnalano i riconoscimenti ottenuti a Norcia, Assisi, Spoleto, Catania, Avellino, Civitavecchia, Firenze, Aulla (MS), Ameglia, Lunigiana dantesca (SP), Mestre (VE), Grottammare (AP), Faiete (TE), Nerito di Crognaleto (TE), Teramo, Ortona, Pescara, Martinsicuro. Molte sue poesie compaiono in antologie letterarie. Tra le sue pubblicazioni citiamo: Paose mi, poemetto in vernacolo su Notaresco; Via Crucis, sonetti in vernacolo abruzzese sulla passione di Cristo; Oltre L’esistere, poemetto di argomento filosofico-religioso, in terzine dantesche e sonetti; Nel segno dello stile, sonetti (con versi da una a undici sillabe), acrostici e rondò dedicati ad amici. È coautore di libri di racconti con gli scrittori Francesco Pirocchi (di Roma); Lucio Cancellieri (di Teramo, sulle tradizioni teramane); Maria Rizzi (di Roma sui personaggi femminili della storia). È autore del testo di alcune canzoni e dell’Inno Paese mio, dedicato alla sua città natale. Fa parte di giurie in concorsi letterari nazionali ed internazionali e collabora con alcune riviste a diffusione nazionale (Il Convivio di Catania e Verso il Futuro di Avellino). È socio di diverse Associazioni poetiche: “il Dolce Stile Eterno” di Firenze; il Circolo IPLAC di Mestre; “Il Convivio” di Catania; “Verso il Futuro” di Avellino; la “Settembrata Abruzzese” di Pescara; l’ANPOSDI (Associazione Nazionale Poeti e Scrittori Dialettali).

“Sia il tuo giorno lieve come organza,
di trame di farfalle colorato,
come una fantasia di broccato
che dei fiori disciolga la fragranza…”

A Maria Rizzi, brava scrittrice e poetessa, e a ognuno degli amici poeti con tanta stima e simpatia. Vittorio

1° Premio al Concorso G. D’Annunzio 2010 e al Concorso Gino Recchiuti (VIII ediz. 2011)

 

La strada della Fede

I
Ti rifiutai a lungo, o mio Signore,
perso nella ragione e i suoi pensieri,
ma piansi il vuoto dei miei giorni, neri
d’ansie bugiarde nel passar dell’ore.

E più io m’ostinavo in quel grigiore,
più mi perdevo, e sempre più insinceri
apparivano i giorni, nei misteri
d’un nulla impenetrabile, incolore.

Ma un’esigenza ha scosso la mia vita,
fuggire l’ansie del nulla, ed ha ceduto,
da un dubitare opposto convertita,

la caparbia ragione, e son venuto
Signore, a te: ho fatto la salita
su, fino al luogo in cui t’ho conosciuto:

II
quando il mare sconvolto vien dal vento
o sotto il sole placido riposa,
o quando le montagne si fan rosa
nel cielo dell’aurora sonnolento,

quando la luna, su, nel firmamento
risplende con le stelle misteriosa:
è lì che vedo Dio e in ogni cosa,
se seguo l’altro dubbio e il sentimento

che fa tacer la fredda mia ragione:
ma se Dio c’è? Sì, c’è, ne ho il sentore
nel cantare d’un grillo: e l’emozione

sboccia, che fa parlar dischiuso il cuore:
negli occhi d’un bambino – è un’illusione? –
sento che lì c’è Dio: il suo fulgore.


Poesia classificata al 1° posto
al II Concorso di poesia “CITTÀ DI GROTTAMMARE” (AP)
indetto dall’Associazione “PELASGO 968”


La strada della Speranza

I
Senza speranza a lungo ho combattuto,
Signore, senza te, nell’irrequieto
avvilirsi dei giorni, rivestito
dell’angoscia del nulla e abbandonato

solo all’ombre del tempo mio passato,
che fu d’ebbrezze, e cadde poi smarrito
in un folle pensare, a un fiore vieto:
al loto per quel vivere perduto.

Poi in cielo ho guardato, in quel velluto
calmo d’azzurro, in quel vagare quieto
del sole e delle stelle, ed ho sentito

i rumori del mare, l’infinito
suo andare turchino, ed il segreto
d’un infranto barcone ho conosciuto.

II
Vagava in mare quel barcone e muto
cercava scampo da un destino inquieto
tra l’increspar dell’onde, e pur ferito,

vagava e chiaro rimirava e ardito,
perché da segno azzurro, a me inconsueto,
era quel suo guardare sostenuto:

dell’azzurro del mare era imbevuto,
come da terso cielo reso lieto:
e lì il suo Dio vedeva, a Lui rapito
s’affidava, e affidava il suo passato.

Quel Dio sei tu, Signore, ed ho guidato
pur io dal mare al cielo il mio sfinito
barcone della vita: al tuo roseto,
dove ho sperato, e tu m’hai dato aiuto.


Premio Letterario Internazionale
CITTÀ DI MARTINSICURO

III edizione
Sezione A - Poesia inedita - 2° classificato

La strada della Carità

I
Cos’è la carità non l’ho saputo
fino a ieri, o Signore, e la mia vita
col prossimo giammai io l’ho spartita,
nel degrado del vivere perduto:

solo con l’egoismo ho convissuto,
che mi legava a me, ma una ferita
dentro il mio cuore forte l’ho sentita,
m’ha fatto male, e allora ho riflettuto.

È stato quando ho visto che un barbone
aveva un pane, ed uno solamente,
e lo spartiva senza esitazione

a un altro come lui nullatenente;
e poi ho visto un ricco crapulone
di lì passare, ma non dare niente.

II
Pur se qualcosa il ricco avesse dato,
elemosina solo avrebbe fatto,
perché tu, carità, non sei quell’atto
che alla pietà fuggevole è legato:

tu quel sorriso sei, quale iridato
agape d’un donare insoddisfatto
sempre di quel che dà, e che il riscatto
vuole del cuore, disinteressato.

Un pane, uno soltanto, la ricchezza
era di quel barbone, e la spartiva,
umile dono, d’aulica grandezza

e d’una forza nuova, sovversiva:
di Cristo, Gandhi, King è la saggezza,
rigogliosa, in un mondo alla deriva.


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